Sergio Parrinello
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e dopo la credibilità riacquistata in Europa e prima di quella al
cospetto di Dio, venne la domanda dal popolo: che cosa hai fatto e
prodotto in tredici mesi con il tuo governo che al momento del suo
insediamento aveva come agenda (in ordine alfabetico) la crescita,
l’equità ed il rigore ? Gli argomenti di una risposta in difesa-attacco
già sentita si possono riassumere nella seguente parafrasi in prima
persona.
“Ho
fatto una politica di risanamento e ho messo in sicurezza l’Italia come
fa la brava guida di montagna in prossimità di un baratro. Soltanto
uno sprovveduto poteva credere che perseguendo tale obiettivo
prioritario non si sarebbero sacrificati temporaneamente gli altri. Ho
evitato l’arrivo della temuta troika che avrebbe spulciato i nostri
conti pubblici e imposto condizioni-capestro. Ho combattuto l’evasione
fiscale. Ho conseguito la riduzione dello spread ed il governo
italiano ha riacquistato prestigio e credibilità”.
Seguono alcune mie riflessioni al riguardo e alla luce della nuova agenda.
Non
ho dubbi su una prima obiezione. Al momento dell’insediamento di quel
governo, si è lasciato credere alla maggioranza degli italiani che
tutti e tre i comandamenti – crescita, rigore, equità – della sua
agenda fossero sullo stesso piano in sede di attuazione e molti hanno
pensato che anche certi presunti corollari, come occupazione e
riduzione del debito pubblico, non fossero demandati totalmente a
successivi governi. Erano sprovveduti tutti quegli italiani?
Probabilmente lo erano, ma quel governo con alto patrocinio ha lasciato
e fatto credere che così fosse, previa ammissione che alcune misure
temporanee dovevano per necessità essere “impopolari”. Poi è arrivata le
seconda agenda, non più in forma dello slogan “crescita, equità,
rigore”, ma in venticinque pagine per un impegno comune. Alla sua
pubblicazione ha risposto Renato Brunetta con recensioni sferzanti e con
alcune critiche sul piano economico in parte anche condivisibili
(“ahimè” devo dire, perché avrei preferito che esse venissero dal polo
opposto). Certamente l’alleggerimento delle responsabilità del
precedente governo Berlusconi era molto marcato in quelle recensioni e
le rende sospette se ci si chiede dove vogliono arrivare, ma non faremo
qui un processo alle intenzioni.
Fa
piacere leggere un documento di intenti articolato, come la seconda
agenda, invece di sentire ripetere fino alla noia slogan del tipo
“crescita, equità, rigore”. Però una domanda va fatta all’estensore di
quella agenda e/o ai suoi consiglieri-collaboratori: si tratta di un
programma per un futuro indefinito o di un programma elettorale per la
prossima legislatura? C’è il richiamo a un’economia sociale di mercato
di tedesca memoria e c’è l’indicazione di una strada liberista per la
crescita di thacheriana memoria, c’è l’appoggio alle operazioni
“militari di pace” e si spende perfino una parola in ricordo del
volontariato. Il primo capitolo dell’agenda contiene l’esortazione
“contro ogni populismo”, ma quando sono arrivato alla fine del documento
mi sono chiesto se proprio il contenuto dell’agenda non sia un segno di
smaccato populismo, sebbene in stile forbito, lanciato come una rete
di pesca a destra e a sinistra, oltre che al centro. Non so quante
volte, ma tante, leggendo l’agenda ho trovato l’espressione “bisogna” e
di seguito un obiettivo da raggiungere. Tuttavia qui la chiarezza sui
tempi e sulla compatibilità dei disparati obiettivi diventa cruciale. Un
elettore non sprovveduto si aspetterebbe una indicazione e
quantificazione di quanto rigore, di quanta crescita e di quanta equità
quel governo si impegni a realizzare negli anni della propria
legislatura e con quali mezzi, in relazione a plausibili scenari
internazionali. Non credo che a tale elettore interessi una discussione
su un impegno comune per realizzare un mondo migliore (anche se non è
un libro dei sogni) in tempi generici. Gli interessa evitare in tutti i
modi leciti, anche rimettendo in discussione i trattati e lo sciagurato
nuovo articolo della Costituzione che impone il pareggio di bilancio,
un ristagno economico ed un continuo degrado sociale dell’Italia che
si intravedono, diciamolo chiaramente, per il prossimo decennio al
perdurare delle politiche di austerità.
Evitiamo
la magia di certe parole e di certe immagini. Anche la Spagna ha visto
ridurre lo spread e i suoi leader sono accolti a Bruxelles senza
risolini. E’ allora “risanato” quel paese? Si è risanata l’Italia in
quest’ ultimo anno ed è pronta a ripartire? Agli elettori e, purtroppo,
ai mercati spettano le rispettive ardue sentenze, non alle visioni
ottimistiche di una luce in fondo al tunnel. Corruzione, evasione
fiscale ed un certo tipo di finanza sono mali contro cui si oppone la
seconda agenda, additando la loro correzione come precondizione per la
crescita. Corruzione ed evasione fiscale esistevano però in Italia
prima, durante e dopo il miracolo economico del dopoguerra. Corruzione
c’è in India e c’è in Cina oggi e ciò non ha impedito né impedisce per
ora una crescita impressionante delle economie di questi paesi. Credo
che la riduzione di quei mali sia un obiettivo altamente meritevole
ma, al di la’ del necessario controllo e riduzione della criminalità
organizzata, non vedo una stretta correlazione fra
corruzione-evasione-mala finanza e mancata crescita.
Esprimo
infine alcune speranze, forse pii desideri, ed alcune fondate
insinuazioni. Spero che quei poteri abbastanza forti che stanno dietro
la vergognosa occupazione degli spazi televisivi (oltre ai canali RAI
1-2 e Mediaset ora anche i telegiornali di canale 7, Rainews24 e Rai 3) e
dei quotidiani più blasonati, a cui assistiamo in questi giorni,
abbiano sopravvalutato il numero degli elettori sprovveduti. Spero che
la gente cambi canale quando sente notiziari al limite della
schizofrenia, dove nella prima parte si sprecano interventi basati su
indimostrabili controfattuali del tipo “se il governo non avesse
attuato la sua politica del rigore, saremmo caduti nel baratro”, mentre
nella seconda parte si forniscono con commozione le statistiche
impressionanti sulla disoccupazione crescente, sulle imprese che
falliscono e sui consumi in calo, come se non esistesse un nesso fra
quella politica e tali effetti. Questo cambio di canale sarebbe sì un
proficuo “silenziare”, invece di quello che è stato raccomandato nei
confronti di certe ali invise. Spero che gli italiani non si facciano
intimidire da quel terrorismo verbale, né dall’ascesa in campo
dell’Osservatore Romano, né impressionare da atteggiamenti arroganti o
puramente mediatici: l’incedere ecclesiastico a piccoli passi, le
movenze ieratiche della mani, il sorriso sdegnoso con bocca leggermente
piegata all’ingiù, qualche parola in inglese che fa molto gran mondo
dell’economia per i poveri allocchi, le battute non tanto sottili da
goliardia meneghina.
Io
non credo che la coalizione che si presenta all’elettorato sbandierando
quell’agenda piena di seducenti obiettivi sia in grado, attraverso una
nuova e più grande coalizione postelettorale, di attuare quegli
obiettivi prioritari che la maggioranza del popolo italiano condivide
e che sono sussunti dal binomio crescita-equità, lasciando che il
rigore e l’austerità siano trattati come discutibili strumenti da
demandare al dibattito scientifico-ideologico. Naturalmente tutte le
alleanze post-elettorali sono immaginabili. Apparentemente, la
coalizione portatrice della seconda agenda si presenta alle elezioni con
la premessa “chi ci sta ci sta” con quell’elenco di meravigliosi
obiettivi in essa contenuti, ma allo stesso tempo l’agenda si apre e si
chiude come una fisarmonica all’approssimarsi delle elezioni. Per
esempio la politica del rigore ivi enunciata viene edulcorata in fase
elettorale da promesse di alleggerimenti e ristrutturazioni fiscali,
come l’IMU sulla prima casa da redistribuire a favore dei Comuni ma,
come si dice, a saldi invariati per le tasche dei cittadini. Sappiamo
anche che quella coalizione è pronta ad allearsi, naturalmente per il
“bene del Paese”, con il partito che uscirà vincitore relativo alle
prossime elezioni, nella presunzione che esso al Senato avrà bisogno di
numeri e che dichiari l’adesione alla seconda agenda. Poi, grazie
alla natura di agenda-fisarmonica, si addiverrà a qualche suo ritocco
chè sarà necessario per salvare la faccia nei confronti dei rispettivi
elettori. Sappiamo infine che molti, appartenenti a quel probabile
vincitore, stanno facendo un pensierino al riguardo…. Per ora guardiamo
ai fatti, cerchiamo di ragionare con calma e non lasciamoci intimorire
da chi annuncia l’apocalisse se prevarrà il “populismo” delle forze
politiche che intendono contribuire, non solo con messaggi elettorali,
ad un tipo di Europa diverso da quello attuale. Certamente siamo un
paese democratico con le frontiere aperte e nulla impedisce ai suoi
cittadini di arrendersi e di emigrare altrove, anche grazie alla
maggiore flessibilità in uscita del mercato del lavoro. Un ritorno,
dopo decenni, all’emigrazione coinvolgerebbe tutte le categorie di
capitale umano . Cerchiamo di evitarlo.